Circa il 75% degli edifici in Europa non è efficiente dal punto di vista energetico; per questo motivo la Comunità Europea ha approvato la direttiva EPBD o "Case Green" che sancisce l'importanza di dotare il patrimonio edilizio europeo di impianti capaci di ridurre in modo significativo il consumo energetico fissando obiettivi in termini di obbligatorietà di classe energetica a seconda della destinazione d'uso dell'immobile. Tali impianti, che utilizzano risorse rinnovabili, sono realizzabili già oggi con le tecnologie esistenti.
L’efficientamento energetico degli edifici è una delle azioni cruciali da compiere per muoversi in direzione di una reale transizione energetica, e rappresenta uno dei tasselli fondamentali del mosaico di interventi intrapresi dalla Comunità Europea per riuscire a diventare, entro il 2050, il primo continente a emissioni zero.
L’interesse per questo tema non è certo nuovo e non desta stupore: un recente studio commissionato dalla Commissione Europea ha infatti rilevato che circa il 75% degli edifici del continente non è efficiente dal punto di vista energetico e ha sottolineato l’importanza di agire in direzione di un miglioramento delle prestazioni non solo degli edifici di nuova costruzione, ma anche di quelli già esistenti.
Il tema delle cosiddette “Case Green” è recentemente tornato di grande attualità anche grazie all’approvazione, da parte del Parlamento Europeo, dell’Energy Performance of Buildings Directive (EPDB), un provvedimento che – pur non essendo ancora operativo – ha già generato innumerevoli reazioni da parte di sostenitori e detrattori. Ecco cosa prevede l’EPDB, direttiva inserita nel quadro delle normative sulla prestazione energetica nell'edilizia, e in che modo gli obiettivi proposti all’interno del testo possono essere conseguiti attraverso la scelta di soluzioni tecnologiche all’avanguardia.
Il testo dell’EPBD, approvato nel mese di marzo 2023, prevede importanti novità in tema di efficientamento energetico degli edifici e riduzione dei consumi e pone un forte accento sull’importanza di dotare il patrimonio edilizio europeo di impianti capaci di ridurre in modo significativo il consumo energetico, come ad esempio apparecchi che utilizzano energia proveniente da fonti rinnovabili.
Ecco alcuni degli obiettivi previsti dalla direttiva:
Rendere operativa la direttiva europea nel contesto italiano richiederà uno sforzo davvero significativo, perché il patrimonio edilizio nazionale al momento presenta caratteristiche drasticamente diverse rispetto a quanto richiesto. Basti pensare che, secondo le ultime stime, oggi circa il 15% degli edifici italiani si trova in classe energetica G, la meno efficiente, mentre il 70% degli edifici residenziali italiani è stato costruito oltre 40 anni fa.
Le basse prestazioni degli immobili italiani in termini di efficienza energetica hanno molteplici cause, non ultima l’enorme quantità di edifici storici presenti nel nostro Paese e utilizzati oggi sia come abitazioni private sia come edifici pubblici. Per alcune costruzioni di questo tipo è prevista la possibilità di derogare al raggiungimento degli obiettivi, e il quadro delle possibili deroghe comprende anche altre tipologie di immobili: ad esempio, gli edifici di culto, le seconde case abitate per meno di 4 mesi l’anno o alcuni edifici di edilizia residenziale pubblica. In più, i singoli stati membri potranno applicare ulteriori deroghe per particolari tipologie di edifici, con un tetto massimo posto al 22% del patrimonio edilizio nazionale. Fino a 2,6 milioni di immobili italiani, su un totale complessivo di oltre 12 milioni, potranno quindi rimandare il loro adeguamento a quanto previsto dalla direttiva europea.
È certo che l’adeguamento degli immobili italiani alle richieste dell’UE richiederà un enorme sforzo e massicci investimenti, ma è altrettanto vero che le soluzioni tecnologiche oggi a nostra disposizione ci forniscono un concreto aiuto da subito per migliorare l’efficienza energetica dei nostri edifici.
Basti pensare, a questo proposito, che un edificio costruito oggi consuma, in media, la metà di un edificio corrispondente realizzato quarant’anni fa, dato che mostra in modo chiaro quanto sia ampia la possibilità di agire in direzione di una reale riduzione di emissioni e consumi.
Tra le soluzioni che possono fin da oggi aiutare a migliorare l’efficienza energetica di un edificio va certamente citata l’installazione di sistemi di riscaldamento che utilizzano pompe di calore ad assorbimento a gas. L’installazione di pompe di calore di questo tipo permette infatti di migliorare l’efficienza energetica tanto di un condominio con impianto centralizzato quanto di un’abitazione monofamiliare facendola crescere anche di due classi. Questo risultato è garantito dall’elevata efficienza media di una pompa di calore di questo tipo che, essendo poco influenzata dalle variazioni di temperatura esterne, permette di ridurre i consumi e quindi abbassare il fabbisogno energetico dell’edificio, alzando la sua classe energetica.
Uno studio del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni (DE.S.TE.C.) dell’Università di Pisa ha messo a confronto le prestazioni di diverse tipologie di sistemi di riscaldamento, installati in edifici collocati in differenti zone climatiche, e ha valutato la loro efficienza. Nel corso dello studio sono state analizzate le performance di oltre 500 edifici-tipo, e i risultati ottenuti hanno confermato che la tecnologia delle pompe di calore ad assorbimento permette di ottenere i migliori risultati sia dal punto di vista della riduzione dei consumi (e quindi delle spese sostenute dagli utenti finali), sia per quanto riguarda la riduzione delle emissioni in atmosfera di anidride carbonica e altri gas climalteranti.
La possibilità, poi, di alimentare pompe di calore di questo tipo con combustibili di nuova generazione, come l’idrogeno verde o miscele di gas naturale e biometano, apre la strada a ulteriori possibilità di riduzione dell’impatto ambientale di questi sistemi di riscaldamento.
Di seguito la registrazione del Webinar tenutosi il 9 maggio 2023 in cui Enrico Casali, Product Manager di Robur, illustra le principali modifiche apportate e fa il punto sulla Direttiva EPBD.