E' necessario conoscere quali sono i canali attraverso cui il gas e l’energia elettrica vengono prodotti, venduti e distribuiti agli utenti; solo così è possibile comprendere le specificità di queste filiere e capire che il costo dell’energia elettrica è strettamente correlato con il costo del gas, e la disponibilità dell’una è vincolata alla disponibilità dell’altro.
I temi dell’approvvigionamento energetico e del costo dell’energia sono, oggi, più significativi che mai a livello nazionale e globale. Il generale aumento dei prezzi dell’energia – dovuto alla situazione internazionale, ma non solo – sta inducendo sempre più cittadini a cercare soluzioni efficaci per ridurre il consumo energetico e quindi risparmiare non solo risorse, ma anche denaro.
La spesa per il riscaldamento è una delle voci che impattano in modo più significativo sulle spese di famiglie e imprese, ed è per questo che sono sempre di più i consumatori che si chiedono se sia più conveniente dotarsi di sistemi di riscaldamento a gas o elettrici, se la scelta di un sistema di riscaldamento elettrico li possa mettere al riparo dai rischi connessi con un’eventuale carenza internazionale di gas naturale e – in generale – quali siano le scelte migliori per contrastare l’aumento del costo del gas e dell’elettricità.
Per rispondere a queste domande è fondamentale sapere quali sono i canali attraverso cui il gas e l’energia elettrica vengono prodotti, venduti e distribuiti agli utenti; solo così è possibile comprendere le specificità di queste filiere che, essendo di interesse pubblico, sono sottoposte a norme particolari, necessarie per tutelare i consumatori e la società nel suo complesso.
L’energia elettrica che viene utilizzata nelle nostre case e nelle industrie viene generalmente prodotta da generatori che trasformano in elettricità l’energia meccanica, termica o chimica. Questa energia, solitamente prodotta in centrali termoelettriche e idroelettriche che si trovano sparse su tutto il territorio italiano, viene convogliata nella rete di distribuzione nazionale tramite apposite linee che collegano le centrali di produzione con le stazioni primarie (la cosiddetta “rete primaria”); le stazioni primarie sono poi a loro volta collegate alle reti di distribuzione a media e a bassa tensione (“reti secondarie”) e, quindi, al consumatore.
La filiera dell’elettricità si basa sulla presenza di una rete capillare che raccoglie tutta l’energia elettrica prodotta dalle centrali e la distribuisce alle utenze, a seconda del bisogno, occupandosi di mantenere un costante equilibrio tra la quantità di energia immessa nella rete e quella prelevata dai consumatori e facendo fronte anche ai picchi di richiesta che si verificano fisiologicamente in certi orari del giorno e in certi periodi dell’anno.
Per riuscirci, la filiera dell’energia elettrica non può limitarsi a produrre l’energia, trasportarla, distribuirla e venderla, ma deve (o dovrebbe) anche individuare soluzioni per il suo stoccaggio e la sua conservazione, in modo da disporre di una “riserva energetica” da poter utilizzare nei momenti in cui la richiesta da parte degli utenti è maggiore. Le fonti rinnovabili, che svolgono un ruolo importante in questo ambito, non possono essere la soluzione di questo problema, dal momento che la loro principale caratteristica è quella di essere disponibili in maniera non costante nel tempo (sono definite infatti "non programmabili"): riuscire a stoccare l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili nei momenti di picco di produzione è sempre più importante per poter garantire la stabilità del sistema di distribuzione nel suo complesso e la cosiddetta "transizione energetica". Attualmente quindi le rinnovabili danno un importante contributo alla produzione di energia elettrica (in particolare l’eolico e il fotovoltaico), ma solo quando sono disponibili in contemporanea alla richiesta di energia. E’ per questo motivo che in Italia la produzione di energia elettrica da rinnovabile è coperta per solo il 25% da rinnovabili, mentre il resto della produzione è affidata a centrali tradizionali, alimentate da gas metano (e in alcuni caso ancora da carbone), che quindi possono soddisfare immediatamente i picchi di richieste dalla rete.
Se l’energia elettrica viene prodotta in apposite centrali che trasformano energia meccanica, termica o chimica in elettricità, ben diverse sono le modalità di produzione di gas naturale, che si trova normalmente in giacimenti sotterranei o sottomarini, proprio come il petrolio.
Tali giacimenti, formatisi in epoca preistorica, non sono ovviamente distribuiti in modo uniforme su tutto il pianeta, ma forniscono la quasi totalità del gas che viene utilizzato a livello globale; la filiera del gas deve quindi necessariamente prevedere un sistema di ricerca ed estrazione del gas, ma anche un sistema trasporto in grado di far arrivare questa fonte energetica all’utente finale.
Per ottenere questo risultato il gas naturale viene in primo luogo estratto e successivamente compresso ed inviato nei gasdotti ad alta pressione, oppure liquefatto tramite un processo di raffreddamento e condensazione, che permette di ridurne in modo significativo il volume (1 metro cubo di gas liquido corrisponde a circa 600 metri cubi di gas naturale in forma gassosa). Il gas compresso viene immesso nei vari gasdotti ad alta pressione che lo trasportano attraversando anche vari Paesi fino alle reti di distribuzione locali, in apposite centrali di riduzione a bassa pressione, mentre il gas liquefatto può essere trasportato tramite speciali cisterne (navi metaniere). Il gas naturale liquefatto (GNL) viene sottoposto al processo di rigassificazione per essere riportato allo stato gassoso e quindi distribuito in modo capillare agli utenti, proprio come succede per l’energia elettrica: se, però, l’energia elettrica viene trasportata attraverso cavi ad alta, media e bassa tensione, il gas circola in metanodotti ad alta, media e bassa pressione, fino a raggiungere le utenze domestiche o industriali. Questa differenza ha un impatto non trascurabile sull’efficienza del processo di trasporto: la rete elettrica è infatti, per sua natura, soggetta a dispersioni (dette “perdite di rete”) che, nel caso della rete a bassa tensione, possono arrivare a rappresentare il 10% dell’energia erogata e che sono normalmente calcolate come costo a carico del cliente finale. Nel caso del gas, invece, le dispersioni sono minori, e si verificano quasi sempre durante la fase di estrazione del gas, non nel corso della sua distribuzione.
La filiera del gas viene normalmente divisa in due differenti momenti: il primo, chiamato up-stream, comprende le fasi di ricerca ed estrazione del gas, la sua compressione o liquefazione, l’importazione nel paese di destinazione e, se necessaria, la rigassificazione. Una volta che il gas è arrivato nel territorio nazionale, comincia la fase del down-stream, che riguarda invece il suo stoccaggio e il trasporto fino alle utenze dei consumatori.
È importante sottolineare che quasi tutto il gas che viene utilizzato in Italia viene importato nel nostro paese tramite la rete dei gasdotti internazionali; la produzione nazionale di gas infatti copre una percentuale estremamente piccola del nostro fabbisogno energetico, in costante decrescita (all’inizio degli anni 2000 il gas prodotto in Italia copriva circa il 20% del fabbisogno del Paese, nel 2021 è bastato appena per il 4,4%). Il gas che ogni giorno affluisce in Italia dai gasdotti viene in parte utilizzato direttamente, mentre quello in surplus viene stoccato ("incavernato") in enormi giacimenti sotterranei che costituiscono la riserva energetica del Paese.
Quando si confrontano le filiere del gas e dell’energia elettrica c’è un elemento che non può essere trascurato, ovvero il fatto che una significativa percentuale del gas che l’Italia importa dall’estero viene utilizzato per alimentare centrali termoelettriche, quindi per produrre elettricità.
Secondo i dati di Terna – l’ente che gestisce la rete di distribuzione dell’elettricità in Italia – la maggior parte dell’energia elettrica che alimenta la nostra rete viene prodotta in centrali termoelettriche (52% nel 2020); l’82% di tali centrali utilizza, come fonte energetica, proprio il gas naturale. Questo significa che una percentuale molto alta dell’elettricità di cui noi disponiamo dipende, nei fatti, dalla presenza di gas naturale, senza cui non potremmo far funzionare le nostre centrali. Per questa ragione, il costo dell’energia elettrica è strettamente correlato con il costo del gas, e la disponibilità dell’una è vincolata alla disponibilità dell’altro.
La scelta di dotarsi di un sistema di riscaldamento elettrico, o di non allacciare la propria cucina alla rete gas, deve quindi essere presa tenendo in considerazione questo fondamentale elemento: utilizzare come fonte energetica l’elettricità fornita dalla rete elettrica nazionale significa comunque rimanere “indirettamente” connessi con la rete del gas. Questo punto di partenza è imprescindibile se si vogliono prendere decisioni realmente consapevoli.
Fonte: Terna